mercoledì 26 dicembre 2012

Fiaba natalizia per bimbi cattivi

C'era una volta un porco, un grosso maiale puzzone di nome Castonzio. Il grosso porco fetecchione abitava in una fattoria zozza e malandata nel Kansas, la fattoria dei McKenna, e aveva l'odore di fogna tipico di chi passa le sue giornate in mezzo alla fanghiglia e agli escrementi. A ogni fine anno la famiglia McKenna preparava un succulento cenone, con vitello fritto e patate tonnate, zampone, sformato di lenticchie e torta bollita, e il porco Castonzio era proprio stanco di questa cosa del Natale e del fatto che tutti dovessero essere più buoni; lui avrebbe francamente preferito essere di pessimo sapore, indigesto persino, e aveva da tempo deciso di andare all'emporio del vecchio Jones per acquistare un po' di trementina e iniettarsela sottocute la sera della vigilia, in modo da avvelenare i vecchi McKenna e quei piccoli bastardelli dei figli, Zeb e Bratt. Sin da piccolissimi Zeb e Bratt si divertivano a tirarlo per la coda e a fare il tiro al bersaglio con patate e tuberi ridendo a crepapelle mentre il povero porco ciccione e fetente scappava di qua e di là spaventato. Oppure avrebbe potuto elettrificare la sega che ogni anno usavano per tagliargli gli arti, e farli morire fulminati. Ogni anno il porco Castonzio faceva di questi pensieri malefici, ma con quella sua sedia a rotelle fatta con una cassetta per la frutta e delle rotelle d'accatto, c'era ben poco da fare. Il mondo intero era una barriera architettonica, a cominciare da quella gabbia che lo teneva rinchiuso da sempre.
Francamente non amava molto le feste di Natale.
In quella notte di stelle silenziose e minuscole come capocchie di spillo, il porco sozzo e fetido non vide una luce prendere forma pian piano, né vide quella luce trasformarsi d'improvviso in una figura dalle fattezze maialesche.
"Svegliati," gli disse la porcella lucente.
Era la Grande Troia, strega protettrice di tutti i maiali. Si diceva si materializzasse una volta all'anno durante le feste per realizzare i desideri del maiale più sfigato al mondo.
"Svegliati," ripeté. "Sono venuta a realizzare i tuoi desideri."
Ancora incredulo, certo di star ancora dormendo, il maialotto fetecchione si stropicciò gli occhi.
"Sbrigati che c'ho la scopa parcheggiata in doppia fila," insistette la strega. Era costantemente incazzata. Quel ruolo di realizzatrice di desideri, per quanto la impegnasse un solo giorno all'anno, le stava parecchio stretto, non si riteneva affatto adatta a fare la fatina e poi, anche per via di quel nome, le venivano spesso richieste prestazioni assolutamente fuori dal contratto sindacale, che lei comunque rifiutava categoricamente di prestare. Era arrabbiatissima per questo fatto che la femmina del maiale dovesse chiamarsi 'troia', e passava i suoi trecentosessantaquattro giorni liberi a raccogliere firme per far cancellare quella parola dal vocabolario.
Il maiale fetentone non credeva ai suoi occhi.
"Senti figliolo," disse stizzita la Grande Troia. "Sono tenuta per contratto ad aspettare i tuoi desideri fino a cinque minuti e trenta secondi, dopodiché sono autorizzata ad andarmene. Facciamola breve, eh? Dimmi cosa vuoi che faccia."
"Voglio una Red Bull," fece il maialotto imbecille, che guardava troppa MTV.
E fu così che anche quell'anno la famiglia McKenna mangiò uno splendido zampone.



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