lunedì 23 aprile 2012

Recuperando gli 883...

"Potete smettere di vergognarvi per aver ascoltato gli 883", annuncia entusiastico un blog (un blog serio, affidabile come asterischi.it) nell'annunciare l'uscita di "Con due deca", la compilation di Rockit nella quale svariati artisti "indie" si sono confrontati con altrettanti brani della carriera di Max Pezzali. Compilation che sembra fatta apposta per dividere il mondo degli ascoltatori indie. Ed eccoli, sulla barricata: da una parte gli integralisti che non sarebbero disposti ad accettare lo sdoganamento, dall'altra la gente cazzara, allegra e aperta, disposta ad ammettere che, massì, non è il caso di essere tanto seri, si può ascoltare anche questa roba senza sentirsi in colpa. Ovvio che vorreste tutti stare fra i secondi. I primi sono grigi e noiosi, snob eccetera. Sia chiaro: io non credo che ci si debba vergognare di nessun ascolto o visione o lettura, dei propri gusti. Io ho ascoltato (per noia, per divertimento, per caso, entusiasmo, voglia di divertimento o costrizione) ogni sorta di porcheria, da "Aserejé" alle svariatissime sigle dei cartoni durante l'infanzia. Ancora mi prende un fremito quando sento le prime note di "Jeeg robot d'acciaio" e non me ne vergogno di certo. Tolto dai piedi questo dogma imbecille venato di ipocrisia indie (ascoltare non per proprio piacere ma per "appartenere", col suo corollario assurdo di ipotetici "scheletri nell'armadio" che nessuna persona sana di mente potrebbe mai accettare: vergognarsi dei propri ascolti?), bisogna dire con chiarezza che esiste musica e musica; e che anche nel pop esistono canzoni meravigliose e leggerissime, intelligenti o stupidissime ma scritte in modo perfetto per raggiungere il loro scopo (da "Da da un pa" a "Love me do" passando per "Bruci la città" o metà dei brani di Pacifico o Raf... si potrebbero fare migliaia di esempi, grazie a dio) e altre che sono semplicemente porcherie più o meno benintenzionate. Gli 883 purtroppo rientrano nella seconda categoria. Al di là della simpatia per il personaggio Pezzali, e di una schietta voglia di raccontarsi, un'innegabile sincerità di fondo che traspare dai testi, lui le canzoni non le sa scrivere, e queste cover lo dimostrano una volta di più. Tant'è che le uniche versioni che grosso modo funzionicchiano sono quelle in cui la musica è più meno deviata dalla partitura originale (Dimartino con un coretto polifonico, Colapesce con uno spostamento in scala vagamente grunge-noise della melodia... il risultato non è granché neanche lì, va detto, e il testo in entrambi i casi spicca nella sua mediocrità, e stiamo parlando di due band di altissimo livello). Non basta insomma un arrangiamento "amichevole" per orecchie "indie" a trasformare il nulla in oro. Sarebbe bello ('zomma, bello, no, forse non sarebbe bello per nulla) ma non è così. La musica pop è un'arte, e pochissimi sanno maneggiarla. E mi pare difficile che davvero dalle parti di rockit qualcuno contasse in un prodotto artisticamente valido. Se l'obiettivo era quello di far parlare la gente, di arrampicarsi in vetta a Twitter (bando la falsa ingenuità, era tutto voluto; altrimenti avrebbero scelto altro materiale, ché di artisti validi da rileggere e recuperare ce ne sono a dozzine, noti e ignoti) i ragazzi di Rockit ci sono riusciti. Ma se speravano davvero di cavare qualcosa di buono dai brani degli 883 (dico: stiamo parlando degli 883, di "Hanno ucciso l'uomo ragno", quell'apocrifo della Carrà che i figlidipapà ascoltavano sulla fiat barchetta con i capelli ingellati) la storia è un'altra. Propongo allora, agli amici di Rockit, una scommessa diversa: provate ad ascoltare "Nun è acqua" di Massimo Ranieri -un artista che la gran parte degli ascoltatori indie odia a prescindere. Bene, quel disco raccoglie a piene mani da un repertorio pop più volte maltrattato da arrangiamenti orribili, quello napoletano; lo scarnifica e lo riveste di bei suoni, rivelando la scrittura splendida e perfetta della fonte originaria. La voce di Ranieri (uno che per cantare sa cantare, eccome) fa il resto. Altro che 883: quello sì è un recupero serio e doveroso.

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