giovedì 7 giugno 2018

"Prenditeli a casa tua"

Quando qualcuno mi dice "E prenditeli a casa tua i rom e gli africani", lo ammetto, il cervello mi si inceppa.
È una frase talmente stupida che nella sua evidente insensatezza ti trascina fuori da ogni possibilità di dialogo. Viene di arrendersi. Che fai, gli spieghi che la sua è una "fallacy"? Potresti dire "Sai? Stai deviando il discorso". Ma ascolterebbe? Potresti dire, magari, che non stai certamente negando la difficoltà di inserimento e di convivenza; che non stai parlando di "casa mia"; non stai offrendo soluzioni facili; che non compete al singolo di accogliere, e che non stai sottoscrivendo lo stile di vita dei rom, che magari neanche ti stanno necessariamente tutto questo granché simpatici, ma che stai solo e soltanto rivendicando la loro dignità di esseri umani.
O potresti sbattergli in faccia un'assoluta verità, che troveresti comunque meno intollerabile convivere con dei rom che con dei coglioni razzisti come lui. Ma il punto è che quella domanda ricorrente ti fotte, perché è una frase-muro, uno gnegnegnegnegnegne, specchio riflesso, il pianto assordante e inconsolabile di un neonato. Sai benissimo cosa potresti ribattere se l'interlocutore fosse una persona capace di interloquire, ma chi risponde con una frase del genere ha la testa piena di pesci rossi, anzi, di piranha mangianeuroni. (Come per i pianeti extrasolari, non possiamo vederli a occhio nudo, ma lo sappiamo per calcoli matematici che i piranha mangianeuroni devono esistere; troppe cose resterebbero inspiegate in caso contrario).
Così la ripetuta, prevedibile, banale demenza ti lascia puntualmente di sasso, e non c'è risposta che ti venga di opporre. Il fatto è che davvero noi pensavamo che il mondo fosse facile, da questa parte i buoni, da quella i cattivi. I nazisti dei film che ammazzavano gli ebrei a Auschwitz e noi che grazie al cielo mangiavamo spaghetti ed eravamo incapaci di fare roba del genere e avremmo certamente difeso la piccola Anne Frank se ci fossimo trovati lì. Ma la verità è che l'uomo fa cose orribili, e per iniziare a commetterle deve soltanto compiere un minuscolo saltino iniziale: disumanizzare.
Perché la punizione appaia asettica e incolpevole occorre che l'oggetto della violenza (il rom come la ragazza che osa camminare da sola la notte) diventi un oggetto appunto, una cosa meno che umana agli occhi del branco aggressore. Si sovrappone allora uno stereotipo alla persona e all'etnia. Qualcosa che sia riconoscibile e diverso da noi, possibilmente disumanizzato, e che per opposizione confermi la nostra identità, la nostra "normalità". Si usano paragoni con animali (Chiamiamola zoccola, chiamiamola cagna e poi lo stupro sarà più semplice, sarà meccanico), si diffondono paure su contagi e pericoli. Poi ci si conta, noi e loro. Guardali, sono quattro straccioni e noi siamo l'Italia. (Guardala, torna sempre a casa da sola la sera.) Poi si va di narrazioni. Bastano poche dicerie, uno stigma o una stranezza, una vera o falsa notizia ripetuta ad hoc e poi fatta sparire prima che venga smentita, un dito puntato. I neri e la meningite, i gay che diventano magicamente tutti dei pederasti, i rom che portano via i bambini e rubano, impenitenti e da punire. "Punire", il verbo scintilla di ogni violenza. (Non siamo noi stupratori, è lei che se la cerca, è lei la zoccola, va "punita", no?).
Ben presto quel rom (quel nero, quella ragazza troppo allegra, quel diverso in senso ampio) sarà qualcosa di talmente alieno da giustificare la violenza. Se l'è cercata, così impara. Provoca, ruba, contagia. Non occorre che sia vero, basta gridarlo forte e in gruppo.
È esattamente così che inizia il nazismo, ed è esattamente quel che sta succedendo qui oggi a noi. Persone senza scrupoli assetate di potere stanno attentando alla nostra umanità per distrarci aizzarci radunarci intorno a loro. Leader mediocri e senza idee e visioni, che non hanno lavorato un solo giorno in vita loro, cianciano di immigrati venuti a rubarci il lavoro, di rom che rubano, e ne fanno un mantra quotidiano, perché sanno di questo bug del genere umano, conoscono questo errore di sistema che c'è in potenza in tutti i nostri cervelli. Il germe del nazismo. Sanno che una bugia ripetuta tre volte diventa una verità accettata, nella nostra mente.
Per combattere quel germe allora bisogna cominciare dall'imparare a mettersi lì e rispondere a quelle domande insensate, con pazienza ma rapidamente, riportando subito il discorso su un piano di umanità. Abbassare i toni, capendo che l'interlocutore è spesso una persona ignorante e spaventata (spaventata appositamente e in modo insensato da qualcuno, in genere).
La sola soluzione è spingere quelli che propugnano la violenza a guardare l'altro negli occhi e guardare con gli occhi dell'altro, smettere di temerlo. I violenti vivono di paure. Non sono capaci di difendersi da soli, attaccano sempre in gruppo perché singolarmente sono dei fifoni. Dei deboli spaventati come possiamo esserlo tutti, ma loro la paura sono addestrati a trasformarla in violenza, verbale o materiale. Sono persone culturalmente povere e volutamente incattivite dall'alto, attraverso l'ignoranza e la tentazione di capri espiatori e soluzioni facili. Sono i penultimi, che riescono a non essere ultimi perché dei capi, degli Alfa, indicano per loro sollievo qualcun altro ancora sotto di loro. Sono fondamentalmente dei vessati e degli spaventati penultimi della società, cani carichi di rabbia che non sanno azzannare alla gola le vere cause delle loro frustrazioni: i loro stessi pigri e comodi aizzatori che preferiscono seminare odio piuttosto che ideare soluzioni.
Ecco allora, la mia risposta a quella frase, "Prenditeli a casa tua", è che non esistono soluzioni facili, che lo farei se potessi, che sicuramente vorrei frequentare e conoscere persone diverse da me ma che sono umano e riservato e ottuso come tutti e come tutti ho paura di ciò che non conosco, solo che io non ho paura di ammetterlo. Ho paura ma sono curioso e sono umano e mi piacerebbe molto avere modo di conoscere quelle persone e guardarle negli occhi. Non c'è posto a casa mia per un rom, come non c'è posto per un coinquilino di qualsiasi colore. E io non sono una nazione né un governante, la sola cosa che posso fare è restare umano, guardare negli occhi.
La soluzione non è "prenderli a casa mia", ma iniziare a pretendere risposte da chi una casa (cioè un'integrazione, un percorso, un senso, un ruolo, non un ghetto o un foglio di via) a rom e immigrati deve occuparsi di darla. Cioè quei leader mediocri che ci istigano per distrarci dalla loro plateale mancanza di prospettiva.
Non ci sono altre vie, bisogna comunicare e spiegare sempre, perché alla fine quei leader sono lo specchio e l'espressione e i mandanti di questi scemi che ti danno risposte insensate, e da qualche parte la catena va spezzata. Io dico allora, adottate un cretino. Uno ogni tanto, prendetevelo non dico "a casa vostra" ma nel vostro profilo Facebook.
Anziché bloccare, come è sano e giusto fare, ogni tanto fate lo sforzo e spiegate, con frasi semplici e comprensibili, cosa vuol dire essere ancora umani e guardare gli altri esseri umani negli occhi.
Magari, dico magari, riusciamo non dico a salvare il mondo (mi pare un'aspettativa un po' eccessiva) ma almeno a preservare qualche briciolo di umanità nel pianeta.

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