sabato 3 febbraio 2018

The internet is for porn

La gente deve sapere, la gente ha il diritto di sapere. La gente vuole sapere.
È uno dei temi ricorrenti della nostra epoca, no?
Ho quarantacinque anni, ho visto nascere il web, come molti di voi. Uno spazio libero di scambio, la biblioteca di Babele. Ricordo ancora il primo sito che visitai in vita mia, un elenco di annotazioni sui testi dei R.E.M. (questo: http://www.flim.com/remlafaq/ ).
Copiai e incollai tutto su un file word e lo stampai come la cosa più preziosa del mondo. Dovrei avere ancora quelle stampe da qualche parte, smarrite fra un trasloco e l'altro.
Internet per tutti noi era questo. Trovare finalmente cose fino a quel momento inaccessibili. Volevamo sapere, era nostro diritto. Potevamo finalmente sapere tutto. Il resto venne rapido come uno tsunami. Napster, il peer to peer, la pirateria, crimine soft collettivo, il porno non più appannaggio esclusivo di adolescenti brufolosi con gli occhiali spessi due dita ma elemento prima taciuto poi sempre più esplicitamente accettato della cultura di massa. Wikipedia, Myspace, Facebook.
Ci avevano detto che sul web avremmo potuto mettere tutto, trovare tutto. Ci avevano detto che il web era la democrazia e la parità, l'occasione di essere. La gente doveva sapere e avrebbe saputo. Ma sapere cosa?
Marshall MacLuhan affermava che lo strumento ottunde le capacità naturali che facilita. Avere tutta la musica del mondo a portata di mano non serve a nulla se non hai voglia e curiosità. Avere un'enciclopedia libera non serve a niente se chi ci scrive non sa nulla. Avere la possibilità di accedere a tutto lo scibile del mondo, poter googlare non serve a niente se a guidare le tue dita è la noia. Avere tutto rende tutto prescindibile. Google rischia di rendere obsoleto il concetto di cultura personale.
La verità è che vivere è un'impresa faticosa e tener desta l'attenzione non è cosa facile. Decidere di non voler lasciar decidere non è detto sia una decisione interessante per tutti. C'è chi pensa che le playlist di Spotify siano davvero adatte a scoprire musica adatta ai propri gusti. C'è gente davvero convinta di avere dei gusti e dei percorsi e che non ci sia bisogno di esplorare e di cambiare, di sorprendersi. L'intellettuale farà l'intellettuale, il popolare resterà popolare. Cercare il bello fuori dai binari è inutile, cercare le cose complesse e stranianti non è gratificante, se c'è chi può scegliere per te.
C'è tanta gente convinta che una macchina possa o potrà ben presto scrivere un libro degno di essere letto e tradurre in modo adeguato un romanzo.
Può darsi che abbiano ragione, può darsi abbiano perfettamente ragione (dubito che tutti loro abbiano una conoscenza approfondita dell'intelligenza artificiale e anche della traduzione, e vorrei tanto parlare di cos'è una macchina e soprattutto di cos'è una traduzione, avessi tempo e soprattutto se volessero ascoltare), ma quel che mi terrorizza è che lo pensino, e la considerino cosa imminente e tutto sommato accettabile.
C'è gente che pensa che la ribellione sia inutile e che la musica sia finita.
Ho provato a far ascoltare a degli amici il disco di Mark Eitzel. Il nome non gli diceva niente, hanno sorriso con garbo e hanno continuato a chiacchierare sopra a "The last ten years".
La gente non vuole sapere. È questa la verità.


(soundtrack)

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