giovedì 28 novembre 2013

The Buyer

Nel 1986 avevo quattordici anni, amavo i videogame, guardavo i film horror, ascoltavo Police e Supertramp e cercavo di stabilire la Legge Unificante delle Cose. Doveva esserci una maniera certa per capire come funzionavano le femmine, per esempio; e doveva esserci una maniera certa per distinguere il bene dal male. La notte avevo gli incubi, da quando avevo visto "Il presagio", e m'ero intrippato a leggere l'Apocalisse di Giovanni. (Per il resto ero un ragazzino abbastanza normale.) Non credevo granché in Dio, ma l'Apocalisse mi affascinava immensamente. C'era questo passo, sulla bestia con sette teste e dodici corna che s'impossessava del mondo e nessuno poteva più vendere né comprare senza portare il suo marchio sulla mano destra. Quella frase m'inquietava, parlava di un potere pervasivo e assoluto, al quale neanche il bene poteva sottrarsi. E l'Apocalisse, a crederci, era un libro sul futuro. Quindi, con ogni probabilità, sul mio presente. C'era la guerra fredda, ed era estremamente probabile che il mondo stesse per finire, quindi l'Apocalisse parlava di "ora". Intorno a me, quasi che l'Italia fosse stata il mondo anzi l'Universo intero, vedevo cambiare le cose. Avevo ammirato questo tizio che da solo con il suo entusiasmo era già riuscito a creare dal nulla un piccolo impero. M'erano passati per mano dei giornalacci tipo "Oggi", che comprava mio padre, con articoli in cui si derideva Padre Pio, il santone osteggiato dalla chiesa (l'avrebbero rivalutato anni dopo, loro e la chiesa, per sopraggiunto inarrestabile successo di pubblico), e si osannava Sua Emittenza, l'uomo che aveva cambiato il sistema televisivo. Guardavo tantissimo Italia Uno. Ammiravo quel tizio e mi faceva paura, perché nella mia Visione Unificante di quattordicenne tutto aveva un senso. "Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia, esso rappresenta un nome d'uomo." Io d'intelligenza ne avevo un po', ma quel calcolo mi sfuggiva. Di certo vedevo le teste e le corna. Le ramificazioni del suo potere. Il Milan, la Standa, le tv, tantissimi altri settori, un successo dietro l'altro, sciorinati in quegli articoli slinguazzanti, ed ero convinto che quel tizio fosse intenzionato a crescere senza fermarsi mai. Erano i tempi di "Drive In", e quando ai miei compagni di scuola dicevo "Berlusconi è l'Anticristo", loro mi dicevano "Chi? Beruschi?" Ero su un pianeta completamente diverso, completamente fuori orbita, chiuso nelle mie presuntuosissime certezze. Il tizio era pericoloso, era l'anticristo, e se ne sarebbero accorti tutti, un giorno.


Nel 1994 avevo ventidue anni, ero carico di certezze, mi credevo immortale e alle profezie non ci credevo più da un bel po', ma quella sensazione soggiacente che il libro profetico avesse qualcosa da dirmi, e che l'allegoria apocalittica della lotta fra il bene e il male potesse sovrapporsi perfettamente alla realtà (a tante realtà, a tanti poteri soverchianti) non mi aveva ancora abbandonato. E così al tempo della "discesa in campo" io già odiavo Berlusconi con tutto me stesso. Mi guardavo intorno e sembravano tutti impazziti. C'era chi diceva "È già ricco, non ruberà", c'era chi diceva "Almeno lui non è un politico", c'era chi diceva "Lasciamolo provare". Le teste e le corna si erano moltiplicate e ramificate, e il potere di quell'uomo era immenso ormai. Nei programmi televisivi, fra una domanda e l'altra dei quiz, Gerry Scotti o Iva Zanicchi lasciavano passare messaggi del tipo "Vedete che adesso tutto cambia", senza neppure una scritta "messaggio promozionale" in sovrimpressione. (Alla Ruota della Fortuna di Mike Bongiorno, intanto, partecipava un giovanissimo Matteo Renzi, e nessuno di noi sapeva chi fosse.) I partecipanti ai talk show avevano imparato a urlare e interrompere continuamente l'interlocutore sciorinando dati imparati a memoria. L'interlocutore si bloccava, come un coniglio ipnotizzato davanti ai fari, e noi davanti al teleschermo restavamo con la nostra voglia impotente di urlare, di dire "Rispondi! Reagisci!".

Non rispondevano, non reagivano.

Il muro di Berlino era crollato da poco e forse non sapevano bene cosa essere, cosa dire e perché. Sembravano tutti storditi e invece i berlusconiani erano programmati come macchinette per rispondere, anche a cazzo ma rispondere sempre, smitragliando parole, parole fuori focus e vaneggianti, ma parole, tantissime. E più quelle parole erano insensate e fuori argomento, più i "nostri", con le loro belle giacche e i loro maglioncini perbenino, restavano imbambolati e incapaci di reagire.
Berlusconi era ineleggibile, per una legge già antica allora, ma nessuno diceva niente. C'era il conflitto d'interessi, ma quando la sinistra vinceva le elezioni non faceva nulla per affrontarlo. Emilio Fede blaterava e sbavava, inarrestabile e impunito, bugie omogeneizzate per vecchietti, e i vecchietti votavano e rivotavano. Circonvenzione d'incapaci. Molti di quei vecchietti adesso saranno morti, cheddìoliperdoni (io no).
Il tempo passava, i capelli di Silvio si diradavano (salvo poi riapparire sotto una bandana, un'estate), le donnine diventavano ministri con il tailleur e il taglio di capelli borghese e gli occhi perennemente strabuzzati. Le leggi "ad personam" si moltiplicavano per depenalizzare il suo falso in bilancio e mandare in prescrizione questo o quel reato fra i tanti che i giudici man mano gli contestavano. Io diventavo traduttore, e solo un mese dopo aver consegnato il mio primo lavoretto (un racconto breve per una raccolta) mi decisi malvolentieri a firmare quel dannato contratto che avevo volutamente scordato sul tavolo, il mio primo contratto per Mondadori. Stavo vendendo l'anima al diavolo?
Nessuno potrà più vendere né comprare senza portare il suo marchio sulla mano destra. Niente male la signora profezia. Io stesso m'ero sporcato, e non esisteva più un confine fra il bene e il male. Violante in un celebre intervento in parlamento ricordava agli avversari che la sinistra avrebbe potuto benissimo risolvere il conflitto d'interessi, e che non avrebbero dovuto dimenticarsene. Avrebbero, in sostanza, dovuto essere più grati. Il mio grado di coinvolgimento era ben inferiore. Ricevevo fatture in quanto fornitore, come quelli che vendevano la carta per stampare. Io vendevo un servizio, ed ero circondato da fieri comunisti come me che, come me, guardavano le reti Mediaset e compravano decine e decine di prodotti pubblicizzati da quei canali, finanziando Berlusconi, diventando essi stessi sangue nelle vene di Forza Italia. Nessuno poteva dirsi puro, nessuno poteva vendere né comprare senza portare il marchio della bestia sulla propria mano destra. Ed era questa la cosa che mi mandava veramente fuori di testa. Fino a un certo momento avevi potuto odiare i democristiani o i socialisti e essere certo di non averci nulla a che fare. Adesso non c'erano più binari di purezza garantiti. Tutto confluiva in Forza Italia, tutto quel che facevamo. Compresa la mia passione, il mio lavoro. Persino i testi della mia band preferita (una band non certo in vetta alle classifiche), la mia rivista preferita non li poteva pubblicare senza pagare dei diritti a Berlusconi. Litigavo con la gente, perché non sembravano capire.

Che così tanto potere nelle mani di un solo uomo non era possibile che arrivasse grazie alla sola astuzia e abilità. Non ci ha mai creduto nessuno, neppure dalla sua parte. I valori della patria e della meritocrazia, tanto cari alla destra, potevano essere messi a tacere, si poteva chiudere un occhio, anche tutti e due, in nome del terzo grande punto di quella parte politica: l'ansia per la vittoria. La vittoria, a qualunque costo.
I suoi stessi avversari sembravano complici, acquiescenti, e noi eravamo soci. Non si sfuggiva.
Io m'ero dato una ragione. Dovevo lavorare e quello era il lavoro della mia vita e la mia unica occasione, prendi o muori di fame e sei sconfitto per sempre. Gli operai della Fiat non sono mai stati considerati complici degli Agnelli, e con quello che mi pagano io posso considerarmi meno che un operaio -e per giunta precario, di contratto in contratto- nell'industria culturale. (E l'estraneo in Mondadori è lui, come sancirà una sentenza.) Ma non mi sono mai nascosto dietro a queste cose, né ho mai fatto mistero di questo mio disgusto, che credo di poter condividere con tutta la mia generazione, e con tutti quelli che in Italia si pongono delle domande, un disgusto che non è mai più venuto via.


Nel 2013 l'Italia è moralmente uguale a quella del 1986 e del 1994. Siamo ancora tutti rincoglioniti di tv (e di facebook e twitter e di media vari, rincoglioniti ed emotivi, quanto e più di prima), e vittime potenziali ed entusiaste del primo imbonitore che passa.
Berlusconi potrà anche sparire, chissà (e non è affatto detto), ma il berlusconismo è un germe dentro di noi. Ancora tatuato sulla nostra mano destra. I ventenni di oggi sembrano spenti dalla crisi economica e di prospettive e anche da questo orribile percorso di svilimento culturale operato dai media berlusconiani in vent'anni (no, di più) di lavorìo interminabile; sembrano non aver voglia di credere in nulla -ma non è vero, non è vero, non è vero: occupano i teatri, organizzano iniziative, mostre, concerti... non è vero; non sembrano credere in nulla ma fanno di tutto, perché credono eccome, come sempre; in maniera diversa e sempre imprevista, ma i ventenni sono l'unica certezza di ogni epoca.
Io di anni nel 2013 ne ho quarantuno, ma ho ancora quei quattordici e quei ventidue qui da qualche parte, e più o meno sono lo stesso di sempre (non è vero per niente, ma è un'altra storia, anzi, sono altre, tantissime storie). Come elettore e spettatore della politica mi sento esausto e fiaccato, privo di speranze e di visioni credibili, ma oggi riesco a sentire un guizzo per avere fiducia nel futuro e per festeggiare.
Festeggiare i giudici, per esempio. Il lavoro di anni e anni per ricostruire i passaggi e le complicità. Festeggiare la legalità. Festeggiare la Storia. La Storia non la si può riscrivere, ma tutto può concludersi e tutto può cambiare.
I complici, gli acquiescenti, i pusillanimi, gli imbonitori, i traditori (anche, i peggiori, i traditori dello stesso Berlusconi, pronti a saltare giù come topi dalla nave che affonda; e saranno traditori davvero, o sarà solo una commediola?) sono ancora tutti ancora lì in parlamento.
Noi stessi non torneremo più puri, perché puri non lo siamo stati mai davvero; ma forse potremo tornare a essere leggeri, e a credere che tutto, davvero, può cambiare. Non da un giorno all'altro, certo. Ma è possibile cambiare.
Ed è questo, non la decadenza di uno zombie, non certo un miracolo, che io voglio festeggiare oggi. La consapevolezza che tutto finisce e tutto può cambiare.



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(soundtrack)

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